UNA PROPOSTA PER L'UNIVERSITA'
1980  

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Un documentato riassunto della attività - specie di proposta legislativa - svolta dal Ministro della Pubblica Istruzione sotto la guida dell'onorevole Mario Pedini durante gli anni della sua responsabilità governativa sarebbe già di per sé utile ed importante. Ma acquista un cospicuo valore aggiuntivo perché mette in evidenza che in un periodo nel quale angosciosi erano i problemi del terrorismo e del salvataggio economico-finanziario, il governo non ha trascurato affatto il settore della scuola, sia negli aspetti congiunturali (questioni retributive e di status) sia in un efficace impulso dato alle riforme. Certamente è un campo dove non esistono dogmi; e spesso ci si trova dinanzi a tendenze contrapposte sostenute con eguale vigore, al di sopra - quasi sempre - degli schieramenti politici di parte.
Ma c'è di più: accade sovente che quando ci si lascia convincere della bontà di una tesi, chi l'ha sostenuta con vigore iniziale abbia già mutato avviso, in un ripensamento che è commendevole segno di disponibilità autocritica ma è anche causa di continua incertezza. Anche il frequente riferimento fatto in Italia alle esperienze straniere - tra l'altro non sempre presentate con esattezza - perde molto di validità perché lo si estranea dal quadro storico, psicologico e culturale cui si riferisce per trasferirlo in modo assai improprio al nostro specifico contesto nazionale. A questo riguardo va auspicato un progressivo coordinamento armonizzante, per ora soltanto episodicamente abbozzato, degli indirizzi e dei programmi scolastici dei Paesi della Comunità Europea.
La «libera circolazione» ed il diritto all'insediamento restano infatti per un ampio spettro tuttora soltanto teoricamente scritti nel Trattato di Roma. Vi è poi, su più vasta scala, un avvicinamento di cui si discute da tempo in sede UNESCO ed altrove e che ha avuto qualche spiraglio di soluzione per quel che concerne l'insegnamento universale della storia (da noi in modo sconcertante a lungo impostato solo sulle grandi e piccole guerre, ignorando tutto il resto).
Dalla ricostruzione cronistorica curata dal ministro Pedini si rileva che nel periodo in esame si superò favorevolmente un punto critico che dalla Liberazione in poi inceppò spesso i discorsi sulla scuola: la priorità data alla riforma delle Università rispetto a quella degli ordini inferiori di studi. L'avere messo in condizione il Parlamento di conoscere un disegno globale è stata una novità favorevolmente apprezzata ed accolta.
Non spetta a me di entrare nel merito delle decisioni assunte dal Consiglio dei ministri, dei pareri espressi in commissione e dei voti nelle assemblee. Mi sembra comunque di potere in tutta obiettività ricordare l'ampio dibattito suscitato nel Paese e non soltanto tra gli operatori scolastici. Ed è facilmente constatabile che quanto non trovò compimento durante la passata legislatura ha formato una puntuale piattaforma successivamente ripresa nella legislatura attuale. L'onorevole Pedini ne ha dato una chiara dimostrazione. Accanto alle leggi, ai decreti e agli accordi sindacali durante la gestione Pedini furono affrontati alcuni risvolti, di cui va proseguito l'approfondimento. Mi riferisco all'orientamento professionale che deve essere meglio organizzato per dar modo ai giovani di avere valide idee sullo sbocco futuro dei vari indirizzi di formazione. E mi riferisco altresì alla grave questione del surplus di laureati e di diplomati che si è venuto accumulando in modo particolare nell'Italia del sud. Il delicato interrogativo sulla superabilità del valore legale dei titoli di studio rimane tra quei nodi che possono essere differiti, ma non esclusi. Mario Pedini ha ora «trasferito» il centro del suo lavoro politicorappresentativo nel Parlamento Europeo, dove gli è stata affidata una presidenza specificamente importante nel settore culturale. Potrà far molto, anche ai fini di quella politica scolastica comunitaria che è uno dei cardini del consolidamento delle istituzioni europee.

Giulio Andreotti