Ho l'onore di considerarmi un amico
dell'ultima ora dell'indimenticabile sen.
Mario Pedini. Infatti l'ho incontrato a
Roma in una splendida e calda sera di fine
maggio del 2003 sulla terrazza del Vittoriano,
in occasione dell'inaugurazione
della mostra dedicata a Zanardelli nel centenario
della morte.
Proveniente da una famiglia agricola
bresciana, sacerdote, responsabile del settimanale
della diocesi di Brescia, sapevo
bene chi era Mario Pedini: conoscevo la sua
illuminata azione politica, sentivo parlare
di lui, leggevo articoli che lo riguardavano
e, negli ultimi anni, seguivo quelli scritti da lui sul Giornale di Brescia.
Ma non mi era mai capitato di incontrarlo. Ho ritenuta benedetta quella sera
in cui potei conversare a lungo con l'anziano senatore che stimavo. Nacque subito
una bella intesa che sfociò in una promessa: avrebbe, di tanto in tanto, mandato
qualche riflessione per La Voce del Popolo.
Niente, in quella bella e calda sera romana, mentre la città eterna splendeva
di luci sotto di noi, faceva pensare che se ne sarebbe andato qualche settimana
dopo, improvvisamente.
E più passa il tempo da quell'8 luglio del 2003 in cui Mario Pedini ci ha lasciato,
più si percepisce come una necessità per il futuro e un bisogno per la coscienza
il non disperdere l'alta eredità civile, morale e religiosa che ci ha donato.
Bene ha fatto, dunque, la nipote Carla a raccogliere queste pagine-diario che vengono
a completare quelle pubblicate nel 2002 in due volumi pure intitolati Tra
cultura e azione politica, dedicati agli intensi anni di esperienza politica a Palazzo
Chigi, dal 1975 al 1979.
Questo volume riguarda gli anni trascorsi al Parlamento Europeo dal 1979 al
1984. Pedini annota nel diario lo scorrere delle sue giornate. Lo fa con lo stile
sintetico di chi, giunto a sera, ripensa a quanto è accaduto, ai volti incontrati, ai
luoghi visti o intravisti, alle idee attorno alle quali sono state fatte scelte, decisioni,
azioni. Ma quello che si legge è molto di più di un diario personale: rivela
la statura morale di un uomo che ha dedicato l'intera sua vita a una concezione
alta di politica, intesa realmente come «forma di carità», perseguimento del bene
comune in un orizzonte vasto, teso a quella fraternità e collaborazione che supera
i confini delle geografie, delle culture, delle razze.
I giorni che scorrono in questo volume dimostrano quanto siano state vere le
parole sgorgate dal cuore di tanti, amici ma anche avversari politici, in occasione
della sua morte e in diverse commemorazioni: parole che hanno definito Pedini
un politico credibile, coerente, colto; un uomo affidabile, amico sincero; un umanista
moderno; un cristiano convinto.
Da quanto si legge si può cogliere l'umanità profonda di Pedini che, pur fra
gli impegni del politico europeo, sa essere sposo, padre e nonno affettuoso; sa pensare
all'amico malato e a quello colpito da un lutto.
C'è qui l'umanista del XX secolo: i suoi riferimenti alla musica, alla cultura,
alla letteratura sono preziosi. C'è qui l'autentico cristiano che non manca di fare
riferimento alle celebrazioni nelle festività della Chiesa, di interrogarsi sul Mistero,
di misurarsi con il messaggio evangelico, nella sua dimensione personale e
sociale.
C'è qui il politico che non ha risparmiato se stesso, fedele al mandato ricevuto.
Un politico che ha visto lontano: un futuro impossibile senza quel processo, ancora
in corso, che porterà l'Europa a essere veramente «una» in relazione con gli
altri continenti e popoli che il senatore ha cercato anche di conoscere direttamente,
a cominciare dall'Africa. Un politico che ha sofferto assistendo al declino
di quella D. C., che aveva contribuito a qualificare come grande Partito artefice
della rinascita dell'Italia dopo la guerra.
Da queste pagine emerge altresì, nascosto a volte, ma reale un aspetto che non
può essere dimenticato: l'amore per i giovani, la fiducia in loro, il desiderio di
aiutarli con la sua esperienza maturata. La Legge Pedini non è stata forse una
legge che ha spalancato prospettive inedite e speranze contemporaneamente ai
giovani e ai Paesi poveri, in un incontro che non è retorico definire profetico e
evangelico?
L'intesa fra Mario Pedini e i giovani è stata grande. Lo documenta anche una
lettera scritta da Udine dalla prof Maria Paola Frattolin a Carla Gavazzi. Nello
scritto si ricorda «l'infinito applauso con cui il pubblico accolse il discorso finale
del senatore al convegno (...). In sala c'erano molti ragazzi delle scuole che, se
non altro per la loro età, non l'avevano mai conosciuto. Ed erano proprio loro ad
applaudire di più, ad applaudire un uomo che aveva cinque volte la loro età e che
aveva parlato contro il divorzio e a favore della concordia, quasi sfidando il pensare
comune. Gli dissi: «Senatore, Lei oggi ha corso un grosso rischio a parlare"contro" il divorzio di fronte a tutti quei giovani». Mi rispose: «Signora, bisogna
avere il coraggio di sfidare. Se ha fede e i suoi principi sono sinceri, l'apprezzeranno...»
Pedini ha ricordato i giovani nel suo testamento e i giovani hanno pregato,
commossi, al suo funerale.
Questa pubblicazione possa essere, proprio per le giovani generazioni che dovranno
più di altri costruire il futuro dell'Europa e del Mondo, una fonte di preziosi
consigli sulla strada da percorrere. E non sono solo consigli, sono esempi
luminosi da seguire.
Gabriele Filippini
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