TRAGUARDO EUROPA
Gaetano Martino - Francesco Pasetti - Giovanni Agnelli Mario Zagari - Franco Peco - Mario Pedini - Dino Del Bo 1966  

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See hanno ancora valore le tradizionali definizioni scolastiche, questo libro ha quale suo precipuo oggetto l'Europa del « dover essere »; vale a dire, esso si riferisce ai necessari sviluppi di cui deve essere promotrice l'integrazione del continente, sulla scorta, naturalmente, di premesse esistenti e selezionando, tra queste, quelle maggiormente positive e determinanti. Come sempre avviene per un testo al quale hanno contribuito autori diversi, la sua redazioneè risultata difficile ed ha occupato, anche per un indispensabile lavoro di comparazione e di coordinamento, un congruo periodo di tempo. Si può, anzi, aggiungere che il progetto iniziale ed il periodo immediatamente successivo, durante il quale i singoli capitoli sono stati oggetto di meditazione e di dibattito, hanno coinciso con le fasi più inquietanti della recente crisi europea; con il che si vuole, inizialmente, sottolineare come il libro costituisca una testimonianza di fiducia e come esso si proponga, e sia pure indirettamente, di custodire un ideale ed, anzi, di diffonderlo, rendendolo sempre più apprezzato ed accessibile a tutti.
Ma, tuttavia, gli autori hanno scartato qualsiasi soluzione destinata a risolversi nell'esposizione di un consuntivo, per imponente che questo possa apparire sia secondo il profilo delle innovazioni già ottenute e sia in riferimento ai vantaggi che l'Europa può avere raggiunto. Ciò che conta, nelle contingenze politiche odierne, è il perfezionamento delle istituzioni ed è, insieme, l'impulso politico ad esso intimamente connesso e senza del quale non possono essere garantite né la pienezza né, tantomeno, la continuità dell'esperimento. Ecco perché questo libro si imposta su basi di carattere giuridico-costituzionale, affidate all'interpretazione e all'indagine di coloro che, come Gaetano Martino e Francesco Pasetti Bombardella hanno costantemente approfondito, l'uno per vocazione specifica e per le alte responsabilità a cui ha ottemperato nell'ambito della politica italiana e comunitaria e l'altro per vissuta esperienza, la fisionomia di un'Europa « certa » nei suoi presupposti e capace, per questo mezzo, di dar luogo a veri e propri « atti di fondazione », mediante i quali l'integrazione del continente è destinata a diventare sempre più radicata e più forte. Si tratta, naturalmente, di un organismo vivo, nel quale gli interessi rappresentano l'elemento motore, si esaltano al di sopra di pure e semplici rivendicazioni di categoria o di gruppo, postulando, al contrario, un'armonica composizione e disegnando, con ciò stesso, un autentico panorama comunitario. Non, con questo, che vengano meno le inevitabili relazioni dialettiche tra capitale e lavoro; o che la comunità europea sia destinata a trascendere, mediante una denegazione reciproca, le fondamentali energie su cui è chiamato a sorreggersi l'edificio dell'economia nell'età contemporanea. Soltanto si vuol mettere in luce che le « aperture » dell'Europa si verificano anche nel suo stesso ambito e che in essa vanno riconosciuti diritto di iniziativa e facoltà di piena cittadinanza tanto agli operatori economici quanto al proletariato agricolo e industriale; e vien così meno, e definitivamente, l'abusata mitologia dell'esclusivismo classista oltre all'assurda presunzione del miglioramento economico condizionato da fenomeni ricorrenti di eversione sociale o, peggio ancora, ostacolato dal cristallizzarsi di insostenibili situazioni di fatto. Mario Zagari, esponente di un socialismo avanzato e democratico nel medesimo tempo, e Gianni Agnelli, che concepisce la realtà della produzione in un ambito che va bene al di là dei ristretti schemi aziendali, hanno rivolto la loro attenzione, il primo ai rapporti che intercorrono tra classe lavoratrice e integrazione economica e il secondo al ruolo di propulsione che gli imprenditori sono chiamati a svolgere, se veramente si vuole attribuire alla Comunità lo stimolo di un continuativo progresso. A tutto questo deve essere aggiunto il quesito della giustificazione intrinseca del mercato comune; della necessità che esso non si esaurisca in un'area economica preferenziale; e che i suoi epiloghi ultimi non siano di detrimento agli stati terzi, ma di corrispondenza, di comprensione e di vantaggio a tutti i popoli del mondo. Si tratta di un impegno divenuto di mano in mano più urgente, soprattutto a partire dal momento in cui si è dovuto soprassedere all'auspicata adesione dell'Inghilterra, rinviando, in tal modo, l'allargamento effettivo della Comunità e trovandosi, ad un tratto, di fronte a interrogativi, se non di sopravvivenza, certamente di giustificazione e di efficace avvaloramento. Come all'interno della comunità sussiste l'imperativo di un'equa distribuzione dell'accrescimento di ricchezza, altrettanto si verifica nei rapporti tra la comunità medesima e le altre società nazionali. Se l'integrazione europea rappresenta la più importante conquista politica della democrazia nell'età contemporanea, il suo ruolo appare, allora, quello di produrre un risultato di attrazione, di collocare in risalto le caratteristiche diffusive della sua concezione e del suo funzionamento. Mario Pedini ha affrontato questo tema così delicato e assorbente, esattamente analizzando quello che oggi la comunità rappresenta e deve, ancor di più, domani rappresentare per gli stati in fase di sviluppo, sottolineando il suo necessario contributo alla costituzione, dovunque, dell'identità delle cosiddette basi di partenza, al successo nella lotta per il conseguimento del minimo vitale, per la creazione delle infrastrutture, e per il corso, rapido ed equilibrato, della differenziazione agricola e dell'industrializzazione. Ma non sono soltanto questi « i partners », attuali o potenziali, degli stati che hanno sottoscritto il trattato di Parigi e i due trattati di Roma. Occorre, anche, annoverare gli stati terzi industrializzati, soprattutto i membri dell'Associazione europea di libero scambio, gli Stati Uniti d'America e tutti quelli il cui reddito individuale si presenta in fase ascensionale, così come avviene, sul piano globale, per l'accumulazione delle loro ricchezze. Franco Peco, che dirige i servizi comunitari nel settore di una principale tra le industrie di base quale è la siderurgia, indica, mediante un'opportuna scelta degli elementi dei quali valersi, come debbano realizzarsi i rapporti di mutua obbligazione, di scoperta emulazione, di ricerca e di specificazione, tra la Comunità europea e gli stati industrializzati; così che l'enucleazione di una politica industriale a livello mondiale possa costituire la pedana di lancio del benessere individuale, il fulcro della giustizia distributiva, un apporto di dovere a cui nessuno tra i grandi stati è legittimato a sottrarsi. Infine, chi scrive ha voluto gettare uno sguardo ai popoli i cui regimi sottraggono l'economia all'iniziativa privata, ma in cui, ormai da tempo, si profilano fermenti intesi alla rivendicazione della persona umana, all'affermarsi delle entità nazionali ed all'instaurazione di un dialogo per il quale la storia ha già insegnato alla Comunità europea di non attenersi al gretto criterio dell'identità matematica tra il dare e l'avere. Le relazioni tra la Comunità europea e gli stati dell'Est sono quelle suscettibili, più di qualsiasi altre, di innovazione, di trasformazioni e, forse, di sorprese feconde; ed è questa la ragione che ha indotto gli autori a concludere il libro, facendone un sia pur rapido accenno.
Un'ultima osservazione ancora ci resta. Ciascuno degli autori è direttamente responsabile soltanto dei capitoli che gli sono stati affidati; ma, nondimeno, ognuno accetta, e sia pure in termini generali, anche le tesi sostenute dagli altri. Si possono, infatti, riscontrare talune diversità di atteggiamenti, che di proposito non sono state eliminate per maggiormente caratterizzare lo spirito di autonomia intellettuale con il quale si è proceduto alla compilazione del testo. Ma si può, parimenti, constatare la sostanziale identità di pensiero, di propositi e, diremmo, addirittura, di affetti degli autori nei riguardi dell'Europa. Il fatto appare tanto più importante quanto più sia tenuto in debito conto come ciascuno degli autori sia contraddistinto da interessi ideali e concreti e da convinzioni politiche, che sono, in alcuni casi, diversi e, in altri, persino contrastanti. Ci piace poter concludere che la fede nella libertà, da una parte, e l'identica matrice europea, dall'altra, hanno potuto dare vita ad un ambiente e promosso una circolazione, atti a rendere sempre più consapevoli e a fare sempre più attivamente muovere tutti; il che è valso per chi ha collaborato a questo libro e dovrebbe, auspicabilmente, servire ai democratici italiani nella loro totalità.

D. D. B.