ACCENTO DI PAESE
1998  

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Perché ricordare

Più avanzi negli anni, più ti ritorna in bocca il sapore della vita vissuta e, con esso, l'accento del tuo paese antico. Ti piace­rebbe allora ricominciare il viaggio della vita e contemplare pae­saggi di un tempo colti forse troppo fugacemente.
Il mio è stato un viaggio - come quello dei più - non privo di difficoltà. un viaggio però affascinante e di cui ringrazio Iddio. Ma vorrei ripercorrere, di esso, soprattutto una tappa, quella della mia infanzia e tornare a respirarla a fondo, come aria di primavera.
Per commossa nostalgia? Forse. Ma anche per il desiderio di cogliere, in quel passato lontano, in quel mio paese antico, qual­cosa che potrà interessare i giovani di oggi e il “loro” domani, perché esperienza di vita vissuta.
Che cosa ha detto il mio tempo, quello dei ragazzi degli anni '30 e dei giovani degli anni '40 rispetto ai problemi dell'uomo? Suggerisce qualcosa che sia ancora utile oggi, quando si crede che tutto vada mutato per esigenza di “novità”, ma quando in realtà si vede che il nostro mirabile progresso non sempre e non tutto è “mirabile”?
Anche noi, quelli del mio tempo, abbiamo dovuto mutare spesso linguaggio, abito, mentalità ... se solo pensiamo che, usciti nel 1938 da un liceo che ci aveva dato la convinzione della nostra supremazia europea, noi quasi subendo una rivoluzione copernicana abbiamo poi dovuto operare, come uomini maturi, in un tempo di “decolonizzazione”, in una storia in cui, caduto il -primato- delle nostre nazioni antiche, ogni uomo, ogni popolo è “centro” della società mondiale.
Ma se, nonostante le metamorfosi, anche noi abbiamo saputo adattarci ai tempi e comunque gestirli, quanto di quella nostra capacità di operare è venuta, oltre che dall'innata capacità di adattamento umano, anche da quei “valori antichi" nei quali fummo formati da ragazzi? E chi ci formò ad essi? Le nostre famiglie, la nostra scuola, il nostro paese antico?
E poi, rievocando un passato, ammettiamolo, noi pensiamo anche di fare cosa utile a noi stessi, Perché in verità qual è il vero Ulisse che vive oggi in noi? L “Ulisside” di Dante che avanza oltre le colonne d'Ercole, di viaggio in viaggio, per sempre più conoscere o il -paziente Odisseo» di Omero che affronta il peri­glioso viaggio soprattutto per tornare alla sua isola di Itaca, alle persone care che da tempo lo attendono, alle cose che sono nate con lui?
Forse il secondo è il più vero, forse è più nostro l'Ulisse che vuol cercare la sua casa antica, la sua Itaca perché come dice un classico “… l'accent du pays où l'on est né demeure dans l'e­sprit et dans le coeur comme dans le Iangage”.